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 Riflettiamo: 2a parte

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gianfranco

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MessaggioTitolo: Riflettiamo: 2a parte   Riflettiamo: 2a parte Icon_minitimeMar Feb 05, 2008 1:52 pm

MORALITA' DEGLI ATTI UMANI
San Paolo, nella lettera ai cristiani di Efeso scrive:
"Siamo opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone
che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo". ( 171. 2,10 ).
Questo testo ci richiama che l'essere noi creati e ri-creati in Gesù Cristo (la redenzione) ci abilita a compiere, nella pienezza dell'amore, quelle OPERE BU0NE che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo. Siamo diventati così servi della giustizia ( cfr. Rom. 6,18 ).
Ci poniamo una domanda:
In che cosa consiste la bontà dell'agire umano?
Nella nostra esperienza quotidiana ci accorgiamo che alcune cose accadono in noi, ma non sono pienamente nostre; altre invece non solo accadono in noi, ma sono pienamente nostre. Sono quelle attività che nascono dalla nostra libertà: atti di cui ciascuno di noi è autore: sono gli atti liberi.
Quando San Paolo insegna che siamo opera di Dio, "creati in Gesù per le opere buone", queste opere buone sono gli atti che noi, con l'aiuto di Dio, compiamo liberamente: la bontà è una qualità del nostro agire libero.
Questo comporta che la persona è principio,
è causa,
è responsabile di questo agire.
Cioè nelle nostre opere è la persona che si esprime, si realizza e si plasma. Perciò non siamo solo responsabili delle nostre azioni libere, ma siamo responsabili di noi stessi.
Alla luce di questo rapporto tra la persona e il suo agire libero possiamo comprendere in che cosa consista la bontà dei nostri atti.
Però noi non siamo padroni assoluti di noi stessi; siamo creati da Dio. Il nostro essere è un dono:dono di Dio "Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù" ( Ef. 2,10 ).
Allora, quando l'atto compiuto liberamente è conforme all'essere della persona, è buono.
E' importante sottolineare il fondamentale rapporto fra l'atto compiuto dalla persona e la persona che lo compie.
Quando le nostre opere si accordano con questo ordine, con la costituzione propria di persona umana creata da Dio, sono opere buone.
La bontà del nostro agire scaturisce da una armonia profonda, fra la persona e i suoi atti, mentre al contrario, il male morale segna una rottura una profonda divisione fra la persona che agisce e le sue azioni.
Quindi il male morale è il male della persona come tale; il bene morale è il bene della persona come tale.
La Coscienza: formazione e scelte.
Più volte abbiamo detto che la nostra esistenza, secondo la concezione cristiana, è dialogo con il Signore. accoglienza del suo disegno di salvezza e risposta che ci coinvolge pienamente.
La coscienza è il luogo della personale chiamata del Signore e della libera risposta di ciascuno di noi. Il Papa Giovanni Paolo II nella sua enciclica Veritatis splendor al n. 34 afferma:
"Se esiste il diritto di essere rispettati nel proprio cammino di ricerca della verità,
esiste ancor prima l'obbligo morale grave per ciascuno di cercare la verità e di aderirvi una volta conosciuta".
La coscienza quindi ci orienta non solo alla ricerca della verità, ma all'adesione decisa ad essa.
Se noi dovessimo analizzare il cammino biblico, ci accorgeremmo subito che l'autore sacro non usa mai la parola "coscienza", ma si serve di un altro termine: "cuore".
Il cuore, infatti, nell'Antico Testamento è la sede dei pensieri, ricordi. sentimenti, desideri, progetti e decisioni. Con il cuore l'uomo distingue il bene dal male; ama il Signore Dio oppure lo tradisce; ascolta la sua parola oppure la respinge. E il cuore può essere indurito, sordo, cieco: oppure al contrario, per grazia del Signore, può essere contrito, convertito, puro, nuovo.
Gesù stesso pone il cuore al centro della vita morale. Dal cuore infatti vengono i pensieri, le parole e le azioni, buone e cattive. Nel cuore nascono la fede e l'incredulità. Il cammino evangelico esige un cuore retto, purificato dall'orgoglio. dalla cupidigia. dalla lussuria, da ogni disordine. Ecco che Gesù nelle Beatitudini proclama:
"Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" ( Mt. 5,8 ).
Potremmo affermare che nell'etica biblica il cuore si identifica con l'uomo. San Paolo si pone su questa linea, tuttavia notiamo nelle sue lettere che usa anche il termine coscienza. La coscienza può essere buona o cattiva, macchiata o purificata, sincera o falsa, debole o forte. La coscienza è l'uomo nuovo creato in Gesù Cristo, divenuto consapevole di sé nella fede. Egli vive "la carità. che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera" (I Tim. 1,5 ). Noi uomini armiamo le esigenze della coscienza seguendo i suggerimenti dello Spirito Santo, cercando di "discernere la volontà di Dio" ( Rom. 12, 2 ) nelle situazioni concrete, vigilando su tutta la condotta. La coscienza comanda in nome di Dio: è questa la sua prima funzione. Il Concilio Vaticano II ci ha trasmesso un'autorevole formulazione di questa dottrina.
Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi,
ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce,
che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male,
quando occorre, chiaramente dice alle orecchie del cuore:
fa' questo. fugai quell'altro...
La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo,
dove egli si trova solo con Dio,
la cui voce risuona nell'intimità propria.
Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge
che trova il suo compimento nell'amore di Dio e del prossimo.
( Gaudium et Spes n. 16 ).
La coscienza ha un contenuto che si estende dai principi generali alle indicazioni sui singoli atti. Comanda innanzitutto di fare il bene e di evitare il male. Questo significa vivere secondo la verità di Dio, che è amore, e dell'uomo, che è sua immagine; comporta la filiale obbedienza alla volontà di Dio Padre e l'osservanza del comandamento fondamentale della carità.
"La carità è l'unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto,
cambiato o non cambiato". ( Beato lsacco della Stella ).
Poiché il bene si concretizza in molti valori, che si incarnano di volta in volta nelle singole azioni, la coscienza attua un discernimento per identificare ciò che è doveroso o conveniente qui e ora. Procede con prudenza, ponendo a servizio della carità una sapiente e coraggiosa creatività, in modo da poter mettere in opera i mezzi idonei a raggiungere il fine. (Vedi la parabola delle vergini).
Dobbiamo essere attenti perché la coscienza può sbagliare nell'identificare i valori e amar più nel discernere i singoli atti.
Non basta dire, come spesso succede: "Io seguo la mia coscienza".
Prima di tutto dobbiamo cercare la verità e per conoscere la verità
occorrono un cuore retto e un giudizio prudente.
San Paolo ci insegna:
"Non conformatevi alla mentalità di questo secolo,
ma trasformatevi rinnovando la vostra mente,
per poter discernere la volontà di Dio,
ciò che è buono, a lui gradito e perfetto". ( Rom. 12, 2 ).
La coscienza deve essere educata e purificata. L'appello di Dio viene riconosciuto solo se sappiamo ascoltare: ecco l'importanza della formazione della coscienza.
L'itinerario della formazione della coscienza si compone di molti elementi:
* ravvivare spesso la totale disponibilità alla verità e al bene;
* essere pronti a lasciarci mettere in discussione;
* liberarci da orgoglio, egoismo e affetti disordinati, pregiudizi e cattive abitudini;
* alimentare con la preghiera un atteggiamento di disponibilità allo Spirito Santo, che sostiene il nostro cammino spirituale con i suoi doni;
* coltivare la familiarità con la Parola di Dio;
* aderire al magistero del Papa e dei Vescovi;
* partecipare ad una concreta esperienza ecclesiale;
* acquisire una sufficiente conoscenza dell'etica cristiana;
* informarci accuratamente sui casi concreti e valutarli secondo criteri di fede, di carità, di conformità alla propria vocazione;
* consultarci nelle scelte più importanti e più difficili con persone sagge e prudenti.
In questo impegno di formazione sappiamo di avere un particolare aiuto dall'insegnamento della Chiesa.
"Infatti per volontà di Cristo la Chiesa cattolica è maestra di verità,
e il suo compito è di annunziare e di insegnare
in modo autentico la verità che è Cristo,
e nello stesso tempo di dichiarare e di confermare con la sua autorità
i principi dell'ordine morale che scaturiscono dalla stessa natura umana".
( Dignitatis humanae n. 14 ).
Chiediamo insistentemente a Gesù Cristo la grazia di poter discernere quale è la volontà di Dio, ciò che è buono; a lui gradito e perfetto. Il dono cioè di essere nella verità e di fare la verità.

Il Magistero nella vita.
Nell'itinerario della formazione della coscienza abbiamo richiamato che uno degli elementi è l'adesione al magistero del Papa e dei Vescovi. In un tempo come il nostro in cui prevale il relativismo e l'indifferenza, è importante cogliere il significato del Magistero della Chiesa e tradurlo nel concreto del cammino della vita.
Innanzitutto l'attività magisteriale del Papa e dei Vescovi che sono inseriti nella successione apostolica mira ad annunciare, custodire, difendere, se è necessario, definire quella Parola salvifica senza la quale non può nascere, né può crescere la Chiesa. La Parola, che è sorretta dallo Spirito, genera la fede e stilla base della stessa fede accolta e professata, si forma la Chiesa come comunità dei credenti. Secondo gli Atti degli Apostoli, la Chiesa cresce se la Parola corre sulla terra tramite l'annuncio e la testimonianza.
Il magistero. prolungando nel tempo una delle funzioni trasmissibili degli Apostoli, ha la grazia e la missione di essere, nella Chiesa, al servizio della Parola apostolica. Gli Apostoli, all'inizio della loro missione, qualificarono la loro attività come "servizio della parola (Atti 6,4), e gli Atti presentano la prima comunità cristiana "assidua alla dottrina degli Apostoli" ( Atti 2,42 ).
Con la scomparsa degli Apostoli, la preoccupazione per la Parola apostolica, connotata ora nei termini di dottrina "sana e buona", diventò dominante nel ministero di coloro che raccolsero l'eredità degli Apostoli, come attestano le lettere di San Paolo.
L'attività di magistero assolve così un compito essenziale nella Chiesa consistente nel servire la Parola vera senza la quale non esiste né Fede, né Chiesa.
Tuttavia non è sempre facile discernere il genuino messaggio rivelato.
A servizio di esso, il Signore ha posto il magistero del Papa e dei Vescovi. Con l'autorità di Gesù Cristo e la grazia speciale dello Spirito, in atteggiamento di umile ascolto e di incondizionata fedeltà, essi hanno il compito di "interpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa". (Dei Verbum n. 10).
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