Eccomi qua, stavolta non vado avanti ma voglio fare con voi alcune riflessioni su quant’è successo. Alcuni di voi sono stati meravigliati da questa favola moderna con contorni celesti.
Si, se ci penso più che meravigliato sono timorato da questi avvenimenti che hanno scosso e rivoltato la mia vita come un calzino.
Stamo affrontando una prova che il Signore ci ha dato il 21 maggio 2004, da quando ci siamo conosciuti.
Incomincio da questo pensiero. Non è stato facile affrontare la questione con i nostri genitori quando c’è di mezzo la disabilità. La loro reazione è stata di stupore, di imbarazzo e di preoccupazione.
Incomincio dai miei che purtroppo non hanno accettato la nostra relazione in quanto la gravità di disabilità di Pompea (per gli amici Pea) è più grave della mia. Si sono spaventati davanti a questa realtà preoccupandosi del mio futuro: “Perché l’hai fatto? Hai già i tuoi problemi? Come farai a gestirla?” Domande che mi sono state rivolte in continuazione con la speranza che io prima o poi cambiassi idea.
E invece no, ho continuato a camminare per la mia strada. Comprendo che per i miei è stata una sofferenza, avranno pianto, ho rischiato che mia mamma entrasse in depressione, ma io ho creduto in questa storia. Non per essere egoista ma volevo far capire che comunque è una mia scelta e va rispettata.
E tutto questo l'ho fatto perché, oltre a volerle bene ed amarla, è possibile gestire la nostra vita mediante la casa-famiglia dove tutt’ora abitiamo.
Anche i genitori di Pea sono rimasti sorpresi per questa scelta e soprattutto preoccupati perché la loro figlia si allontana da 800 km da Aquino; I genitori l’hanno riempita di amore e di attenzioni, giustamente, ma anche lei deve gestire la sua vita nonostante le difficoltà; e posso dire che oggi riesce nel suo meglio a gestirla. Per i genitori di Pompea questa scelta è stata anche una scelta coraggiosa ma dormono sonni tranquilli perché Pea abita in una struttura protetta, dove l’assistenza viene garantita 24 ore su 24 e fa delle attività molto interessanti. Quando è casa molte ore del suo tempo lo dedica al suo lavoro preferito, l'uncinnetto. Dovreste vederla come è brava!
In conclusione, anche noi abbiamo detto “sì” alla nostra chiamata davanti alla grotta, consapevoli che il nostro futuro non sarà solo di petali di rosa ma di spine (e io penso alle spine del nostro Gesù crocifisso durante la passione); chiamiamole spine, chiamiamole prove, chiamiamole come vogliamo ma certamente la nostra unione è un cammino che sicuramente ci condurrà all'amore misericordioso di Dio.
Cito per concludere un passo di San Paolo dai Romani: “Io ritengo, infatti, che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi.” [Rm 8,18]. E Bernadette ci ha creduto. Perché noi no?